Sono Angelica, di nome e di fatto, ho quasi 31 anni, sono nata e cresciuta in terra pugliese e “non” faccio l’architetto (almeno non come noi lo intendiamo).
Di cosa ti occupavi nella tua città?
Dopo i miei lunghi e faticosi 8 anni di Architettura al Politecnico di Bari, un anno di tesi sperimentale e un anno per superare l’Esame di Stato, non mi occupavo proprio di niente. Di un bel niente. Mi sembrava di aver perso un sacco di tempo a progettare spazi e idee che nella mia città non sarebbero mai stati possibili. A cosa erano servite le nottate, le delusioni, le rivincite e i malanni fisici per aver portato con sé per tutto il tempo un vecchio computer col Windows 98 e un siluro porta-tavole sulla spalla? Finisce tutto e scopri che la città lì fuori non ti sta aspettando… affatto, ma sei solo uno in più che rimarrà deluso.
Quando sei andata via?
Sono partita per Parigi il 1 Ottobre 2014, avevo 29 anni. Perché proprio lì? Cosa può spingerti a partire per Parigi se non l’amore? Eh sì, mi si è presentato l’amore a darmi il coraggio di mettermi in gioco e credere in me stessa. Ho avvisato i miei genitori del trasferimento solo due settimane prima, un po’ per paura di quello che stavo per fare, un po’ perché non sapevo assolutamente cosa sarebbe successo. Quello di cui più ero sicura, era che stavo andando a Parigi, una delle città più belle al mondo, e che tutta questa bellezza a qualcosa doveva pur servire, no?
Cosa ti ha spinto ad andare all’estero? Non hai pensato di fare lo stesso nella tua città o in Italia?
Ho provato a lavorare in qualche studio di architetti, anche gratuitamente come tutti fanno, per qualche mese, ma nessuno sbocco, tante porte chiuse senza una raccomandazione, nessuno stimolo. E allora via… inizi a viaggiare con la mente, con i sogni, con le speranze. Inizi a farti domande, rimproveri, come quello di non aver mai fatto l’Erasmus o uno stage all’estero. Ho pensato che non potevo vivere di rimpianti.
Le tue previsioni parigine sono state soddisfatte?
Arrivata a Parigi, subito mi ero resa conto che una laurea in ambito storico-artistico valeva quasi più di una in giurisprudenza. Cosa in Italia impossibile da concepire. Siti con offerte di lavoro in questo settore… infinite! Mi sono chiesta: “Perché concepivo l’architetto solo come qualcuno che usa Autocad e va in trasferta in cantiere?” Non lo so, forse una mia pecca ma subito tutto questo mi ha aperto la mente. Gli sventramenti urbanistici di Haussmann, i tetti di Parigi e le sue mansarde, i porticati di Rue Rivoli, l’uso del ferro, il liberty, Renzo Piano, Jean Nouvel… tutto era qui a mia disposizione!
Di cosa ti occupi a Parigi?
Abbiamo capito subito che il nostro essere una guida doveva andare oltre il mettersi sul piedistallo a fare i professori in modo noioso. Noi ci sentiamo dei compagni di viaggio per i nostri clienti, condividiamo con loro l’arte, la storia, i musei, le strade di Parigi ma sempre attraverso l’occhio di chi a Parigi ci vive. Ed è per lo stesso motivo, per il valore che diamo all’arte condivisa che abbiamo prezzi imbattibili e accessibili a tutti e i nostri tour sono solo “familiari”, mai gruppi infiniti con auricolari e guida che corre avanti senza pensarti. Questo lo facciamo solo per casi eccezionali, cioè per tour promozionali dedicati agli italiani che già vivono qui.
Quali sono state le difficoltà iniziali e come le hai superate?
Innanzitutto capire cosa è veramente una guida, come fare questo lavoro nel miglior modo senza mai sbagliare. Tutti sono lì ad ascoltarti, ti guardano, e tu intanto pensi “sto andando bene?” Poi dopo il primo tour, il secondo, il decimo, ti accorgi che questo lavoro era lì ad aspettarti. E che ci voleva? Passione, naturalezza, un pizzico di fantasia e mi sono scoperta una “Signora Guidi”, come dicono i miei compagni. Sì compagni e non colleghi, amici ormai. La mia Parigi sono loro e Napoleone Tour. Non pensavamo neanche che in meno di un anno diventassimo una realtà così forte anche su Trip Advisor conquistando il 35° posto su 404 attività turistiche a Parigi.
Ti manca la tua città natale? Cosa o chi?
Mi manca il sapere che sono a casa, è inutile, non si avrà mai la stessa sensazione in qualsiasi altro posto sulla terra. I sapori pugliesi, il mare, il calore delle persone, ma soprattutto la mia famiglia, la cosa che meno pensavo mi potesse mancare. Però poi quando ci torno iniziano a mancarmi le sicurezze di Parigi, non c’è una metro, il pullman passa ogni ora e mezza, non ho un bike-sharing sotto casa, c’è la folla al panificio ma non c’è la coda, non è in programma nessuna esposizione temporanea. No!
Cosa diresti a chi è rimasto nella tua città natale e quali consigli a chi vuol vivere fuori dall’Italia?
Vivere in una città che ami ma che non ti offre quello che ti aspettavi è dura e triste. Direi di rimboccarsi le maniche e iniziare a creare qualcosa di bello per sé e gli altri. La Puglia è una regione piena di risorse e bellezze che sembra ci sia stata donata apposta per questo.
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